Conosce due uomini, ultimi discendenti della tribù dei Novaho, che le raccontano come i loro antenati amassero scolpire su piccole tavole i loro sogni, impastando sabbia e argilla prima dell’alba, per poi disfarle al sorgere del sole, vergognosi di aver rappresentato la loro intimità. Inizia così, nel 1986, dopo un viaggio in America settentrionale, l’esperienza artistica della professoressa di lettere Cetty Greco De Luca.
Amante della pittura fin dall’adolescenza è diventata interprete, con i suoi lavori quasi tridimensionali su tela o su legno, fatti di olio, acrilico e silice, di quella materia che da “isolana” ha avuto sempre nel cuore e tra le dita: la sabbia. Dopo anni di mostre in giro per l’Italia e all’estero, nel 1997, colpita da sclerosi multipla, Cetty Greco De Luca rallenta le attività sociali senza però mai arrendersi come artista continuando, anche con l’aggravarsi della malattia a dipingere quello che conosce bene e che le è più caro, il mare della sua Favignana, l’isola dove risiede da dieci anni. Nasce così il periodo pittorico che lei stessa definisce “Spiragli”.
Dipinti realizzati su tele strette e lunghe come feritoie, immagini offuscate di luoghi, ora visti con occhi stretti a spiraglio, come per metterli meglio a fuoco. “La solitudine è fonte della mia ispirazione”, spiega la pittrice, che ha trovato nell’isola di Favignana la sua oasi di pace, il luogo dove continuare a nutrire le emozioni che trasmette sulla tela. Come quelle che emergono nei tre pannelli che lo scorso anno ha donato a Palazzo Florio, tre opere in stile Liberty che rappresentano una parentesi alla sua vocazione di pittrice che dipinge con la sabbia.